L’autismo è un disturbo dello sviluppo biologicamente determinato, che si manifesta con un funzionamento mentale atipico per tutto il ciclo vitale dell’individuo che ne è affetto. Considerando le varie sfumature nella sintomatologia e la difficoltà degli studiosi nel trovare una definizione unitaria di questa patologia, la si racchiude con il seguente appellativo: disturbi delle spettro autistico.
Nel 1943, lo psichiatra Leo Kenner individuò per la prima volta nella storia questo disturbo, mentre osservava alcuni bambini che si chiudevano maggiormente in sé stessi, rispetto ad altri.
L’esordio dei disturbi dello spettro autistico si verifica nei primi 3 anni di vita e va ad interessare le seguenti aree:
- Interazione sociale reciproca;
- Abilità di comunicare idee e sentimenti;
- Capacità di stabilire relazioni con gli altri.
Quando a un bambino viene diagnosticato l’autismo è certo che egli continuerà a crescere con il suo disturbo, nonostante possa comunque acquisire nuove competenze. La prognosi varia da individuo a individuo in base al proprio grado di funzionamento cognitivo.
Sembrerebbe che i bambini che sviluppano il linguaggio entro i 5 anni di vita possiedano una prognosi migliore, ma questo non li protegge comunque da uno scarso adattamento al contesto sociale da adulti, con conseguente limitazione dell’autonomia. Solo il 15% degli autistici è in grado di condurre una vita quasi normale.
Esistono diversi fattori che vengono considerati da un personale competente per poter diagnosticare questo disturbo e una cosa è certa: non esiste il gene dell’autismo, ma piuttosto ci sono una serie di geni che contribuiscono a rendere un individuo maggiormente vulnerabile rispetto ad altri.
La diagnosi, svolta da un’equipe di professionisti, prevede un processo complesso e articolato, attraverso una valutazione clinica globale per raccogliere tutte le informazioni riguardanti il bambino nella sua totalità, la famiglia e l’ambiente in cui vive.
Per garantire al soggetto una buona qualità della vita vengono messi in atto tutta una serie di interventi alla scopo di correggere i comportamenti adattativi; facilitare le competenze sociali; favorire l’adattamento delle emozioni.
L’esercizio fisico può contribuire a migliorare la qualità della vita dei bambini autistici, influendo positivamente anche a livello scolastico e sociale, oltre che nello sviluppo motorio. Tra le attività raccomandate rientrano il nuoto, il jogging e l’equitazione.
Eric Shopler negli anni ’60 ideò un programma appositamente dedicato per l’autismo: il programma TEACCH (treatment and education autistic and communication handicaped children) il cui scopo ultimo è quello di garantire il miglior grado possibile di autonomia, attraverso strategie educative. Questo programma coinvolge l’individuo nella sua totalità, in ogni momento della sua vita, basandosi sul concetto che per un disturbo pervasivo è essenziale un metodo pervasivo. L’elaborazione di ogni programma di intervento è strettamente legata alle esigenze specifiche del singolo e necessita di continue modifiche in base ai feedback riscontrati nel bambino. Il concetto fondamentale è che è sempre e solo il programma ad essere sbagliato, quando non si vedono risultati e, pertanto, dev’essere riformulato per adattarsi alle esigenze e predisposizioni del bambino, la sua integrazione sociale e autonomia.
L’ambiente in cui il bambino si interfaccia dev’essere strutturato affinché il suo apprendimento sia più agevole.
Il programma TEACCH è utilizzato molto anche in ambito sportivo e si basa sul rispondere alle seguenti domande:
- “Dove?”. Questa domanda è legata al concetto di ambiente, nel quale il bambino si interfaccia. Nell’autismo, una delle condizioni che genera ansia e quindi problemi comportamentali sono le novità. Attraverso una strutturazione dell’ambiente si può trasmettere un senso di sicurezza che migliora l’orientamento;
- “Quando? Per quanto tempo?”. I bambini autistici hanno bisogno di un ambiente in cui sia ben chiaro lo scorrere del tempo attraverso strategie che aumentino la prevedibilità e riducano ansie e incertezze;
- “Che cosa?”. Il lavoro da svolgere dev’essere riportato in modo chiaro, tramite simboli, immagini che facilitano la comprensione autonoma del lavoro e aiutino a padroneggiare l’ambiente;
- “Perché?”. Dare un incentivo concreto che lo spinga ad agire;
- “Come?”. L’intervento dell’istruttore può essere fondamentale per guidare il bambino nello svolgimento delle attività.
Questo metodo aiuta a ridurre gli episodi di autolesionismo dati da quella sensazione di non saper gestire la situazione, che mette il bambino sotto stress.
In questi programmi è fondamentale il coinvolgimento dei familiari, la cui presenza permette di aiutare il bambino a sviluppare i suoi punti di forza e le sue predisposizioni.